I Parrocchetti nelle grandi città

Una bella e simpatica specie aliena che sta lentamente invadendo le città.

Ormai la primavera è iniziata già da tempo e le temperature si fanno sempre più calde. Ad aumentare è anche la voglia di passare una bella domenica all’aria aperta con la famiglia o gli amici all’insegna di un po’ di verde. Un ottimo compromesso per chi vuole godersi una giornata di sole senza allontanarsi troppo è rappresentata dai parchi urbani come ad esempio Villa Borghese a Roma o Parco Sempione a Milano.

È proprio in questi habitat che da qualche anno ci si può facilmente imbattere in una vera e propria esplosione di parrocchetti. Più nello specifico parliamo di due specie di pappagallini verdi: il Parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus) e il Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri). Ormai da anni si trovano nelle nostre città con popolazioni non solo stabili ma anche in costante aumento.

Nonostante la loro presenza possa allietare le nostre passeggiate e dia un tocco di esotico ai nostri ambienti cittadini, per i nostri ecosistemi questo rappresenta una vera e propria invasione. Nonostante provengano da aree continentali diverse i meccanismi che hanno portato a questa forte e rapida espansione sono molto simili.

Il Parrocchetto monaco è originario di una vasta area del Sudamerica che include Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia e Brasile; il Parrocchetto dal collare proviene dagli stati dell’Africa centro-settentrionale, dalla Guinea alla Somalia, e dall’Asia, in un’area che va dal Pakistan fino all’India e al Myanmar. Entrambe le specie sono molto sociali e gregarie e vivono in gruppi composti da numerosi individui che si muovono insieme alla ricerca di cibo. Con una dieta composta soprattutto da semi, granaglie, frutta e occasionalmente larve, e nidificano in grandi e rumorose colonie.


Come si sono introdotti in città?

La loro introduzione nelle nostre metropoli è dovuta al fatto che per anni sono stati allevati e venduti come animali da compagnia; infatti le loro fughe accidentali, unite a un eccezionale adattamento ai nostri ambienti ha fatto si che in pochi anni abbiano preso possesso dei nostri parchi, riproducendosi in libertà e aumentando velocemente il loro numero. Essendo infatti specie originarie di luoghi caldi, tendono a rimanere nelle cosiddette isole di calore che formano le città. Infatti una delle particolarità di questa invasione è che risulta abbondante all’interno delle città e quasi totalmente assente al di fuori di esse.

Secondo alcuni studi sull’impatto delle due specie di Parrocchetto, è emerso come la quasi totalità del territorio urbano è idonea per l’espansione di queste specie. E’ stata stimata la potenziale espansione della sua distribuzione che, ad esempio all’interno del Comune di Roma, potrebbe interessare la quasi totalità del territorio urbano all’interno del Grande Raccordo Anulare.

Cosa riportano gli studi effettuati?


Nonostante gli studi sull’impatto sugli ecosistemi siano ancora in corso abbiamo già avuto modo di tastarne alcuni. Da molte osservazioni sembra emergere come queste specie possano entrare in competizione con specie autoctone sia sulla ricerca di cibo, che nella scelta delle cavità utilizzate come sito di nidificazione; spesso ottenendo grandi successi anche con alcuni pipistrelli e piccoli roditori.

Un altro aspetto su cui questi pappagalli rischiano di diventare un problema è anche quello agroalimentare; i loro grandi stormi occupino campi di coltivazione, nutrendosi di semi e frutti arrivando addirittura a forare con i becchi i sacchi di grano.


Infine, un ulteriore allarme, potrebbe essere quello sanitario poiché rappresentano il serbatoio naturale del batterio Chlamydophila psittaci: agente eziologico della psittacosi, una malattia infettiva che nell’uomo causa una polmonite interstiziale con un andamento clinico molto grave e che senza terapia adeguata, può portare addirittura alla morte.


Quello dei parrocchetti rappresenta solo uno dei moltissimi casi di invasione da specie aliene che il nostro paese sta vivendo; come le tartarughe del genere Trachemys che per anni sono state vendute e liberate nei nostri laghi e che hanno messo in difficoltà le specie nostrane. Proprio per questo motivo è importante avere sempre più dati e conoscenze per evitare il ripetersi di questi errori.

Occorre evitare in tutti i modi possibili la liberazione di animali e piante che non sono presenti naturalmente nei nostri territori, e concentrarci sulla grandissima ricchezza di biodiversità che i nostri ecosistemi hanno da offrirci, tutelandola con tutti i mezzi.

Foto di Francesco Simonetta

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